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Fatti
e personaggi della grande Napoli
di
Rosario Ruggiero
La
sceneggiata
È
considerazione pacifica che la tecnologia abbia modificato, e
continui a modificare incessantemente, il modo di vivere degli
uomini. In particolare, quella legata alla comunicazione ha favorito
nuove modalità relazionali sviluppando la figura del fruitore
passivo. Al cinema, dinanzi ad uno schermo televisivo, leggendo un
giornale, ascoltando la radio, finanche in teatro, il pubblico
riceve il messaggio ed ha ben poche e limitate possibilità di
interagire. Un passo avanti lo si sta facendo forse con i più
recenti progressi informatici che permettono una più ampia
possibilità di scelta della comunicazione e del momento di
ricezione, e semmai modificarla, commentarla, condividerla,
risponderle o crearne di proprie.
Una
esperienza precorritrice di questa modalità più ampia e
democratica di vivere certa comunicazione si può ravvisare in una
forma di spettacolo tutta partenopea, oggi praticamente estinta: la
sceneggiata. Nata al principio del secolo scorso per contingenze
storiche (un aggravio fiscale sui tradizionali spettacoli di varietà)
veniva ispirata da una canzone di successo (ulteriore innovativo
sviluppo comunicativo e divulgativo della canzone classica
napoletana insieme alle “copielle”, ossia
sottili fogli di carta con testi e musiche, e la modalità
esecutiva della “posteggia”, ovvero di scegliere un “posto”
dove esibirsi, che fosse l’angolo di una strada, un ristorante o
qualunque altro). Nella sceneggiata la sostanza della vicenda ed in
personaggi fondamentali erano pressoché sempre gli stessi,
“isso”, l’eroe positivo, “essa”, l’eroina, “’o
malamente”, l’antagonista cattivo, “a mamma”, “’o
nennillo”, un bambino figlio di almeno uno dei protagonisti,
“’o comico” e “’a comica”, in parti buffe di cornice, la
donna era vista principalmente come fedifraga, quando non mamma,
almeno dell’eroe buono, i temi trattati erano l’amore, il
tradimento, l’onore, il messaggio finale, il riscatto dell’uomo
buono provato dalla vita, ma la partecipazione emotiva e
l’immedesimazione nella vicenda da parte del pubblico a tale
consuetudine era così forte da generare in sala autentici tumulti,
imprecazioni, incitamenti rivolti ai personaggi, lancio di oggetti
sul palcoscenico e quanto più.
Uno
spettacolo nello spettacolo. Il ribaltamento dei ruoli. Il pubblico
protagonista e gli attori a dover tener conto della sua clamorosa
ingerenza.
Peccato
la brevità della vita di questo particolare genere di spettacolo ne
abbia impedito una più ampia diffusione, più approfondite analisi,
l’ampliamento delle tematiche affrontate, dei moduli espressivi, e
soprattutto la possibilità di dirozzarsi. Sicuramente, comunque, un
saggio di sociologia drammaturgica, per occhi attenti, lungi
dall’essere banale.
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