Arturo Cirillo ha inau
gurato il suo tour con la prima di "La purga". Il regista ripropone l´umoristico testo del francese Feydeau in sette citt¨¤ italiane. Ambientata in una casa degli anni ´60-´70 la storia utilizza come pretesto la defecazione per far emergere, attraverso dialoghi surreali e ironici, tutta l´ipocrisia della borghesia di allora, come di oggi. Al centro, un nucleo familiare attorno al quale girano equivoci al limite del paradossale, e un uomo-bambino costipato, Totò, l´unico che, beffando gli altri, non si libererà dello sporco contenuto del suo corpo, salvandone così la sola esteriorità ad immagine del falso perbenismo della società borghese. In scena con lo stesso Cirillo, Sabrina Scuccimarra, Rosario Giglio, Luciano Saltarelli e Giuseppina Cervezzi. Lo spettacolo è stato al Mercadante dal 10 al 15 dicembre.
Il Teatro Mercadante attende lei e la sua compagnia. Il pubblico napoletano ha sempre dimostrato gradimento per il sottile umorismo tipico delle opere di Feydeau. Cosa si aspetta da questo incontro?
Ritengo che Feydeau non sia un autore particolarmente conosciuto, in Italia, dal pubblico medio. Non ricordo molti spettacoli tratti da sue opere. Credo, che il mondo dell´artista sia molto legato al contesto e alla cultura francese e che piuttosto vivano in Italia dei corrispettivi. Lo stesso Scarpetta è stato un drammaturgo molto prolifico, forse ancor più di Feydeau, elaborando innumerevoli testi attraverso la riscrittura e l´adattamento di opere provenienti, in buona parte, dal teatro comico francese.
Scarpetta è, in questo senso, un suo corrispettivo e, al tempo stesso, un marchio di qualità tutto italiano. Nella "Purga", ho infatti, operato una traslazione: l´ho allontanata dal paese di origine ricollocandola in un Italia borghese a cavallo tra gli anni ´60-´70, in un´atmosfera tipicamente da commedia all´italiana. Tuttavia, non ho reso i personaggi specificatamente italiani, quanto piuttosto, universali, universalità che si riflette nei costumi come nelle scene. L´universalità sulla quale voglio puntare i riflettori, attraverso questa rappresentazione, è l´imbecillità del mondo borghese, di questo perbenismo di facciata che, un poi, come nel film "La Cena dei cretini" ancora ci riguarda.
La sua teatralizzazione dell´opera "On purge bebè" fonde, in qualche modo, il teatro del paradosso dell¡¯autore francese con il surrealismo di Bu¨¾uel?
Lo spettacolo è il frutto della contaminazione di molteplici elementi. Sicuramente mi sono ispirato al "Fantasma della libertà" di Bunuel, che pone l´accento sull´ipocrisia del mondo borghese. Celebre ed emblematica la scena dell´invito a cena, alla quale tutti partecipano seduti su dei water e ove nessuno di fatto consuma alcun pasto. Sarà necessario chiedere dello stanzino per poter mangiare, ma ovviamente di nascosto.
Attraverso questo paradosso, per cui, defecare diviene un atto socialmente accettato, mentre nutrirsi è piuttosto qualcosa di cui vergognarsi, Bunuel esplicita proprio la "malattia" del mondo borghese che decide cosa è giusto o meno fare.
Del film ho voluto cogliere proprio quest´immagine stridente e allo stesso tempo dissacrante.
Altra opera alla quale mi sono inspirato è stata "Victor ou les enfants au pouvoir", Victor o i bambini al potere, di Roger Vitrac.
Grande satira alla borghesia.
Ritiene che portare in scena il paradosso della condizione umana attraverso l´umorismo, a volte pungente del teatro, possa risvegliare le coscienze?
Di sicuro chi si occupa di teatro realizza un´operazione sulla mente, sia sulla propria che su quella del pubblico. Tuttavia ritengo quest´opera provocatoria.
A differenza di un Molière, in cui il tragico è molto forte, Feydeau non guarda con profondità le cose, ma le mette in scena con superficialità. Si tratta, ovviamente, di una superficialità provocatoria, per l´appunto, che il pubblico può cogliere o meno.
Un umorismo caustico capace di suscitare reazioni disparate e sul quale io ho particolarmente agito mettendo in scena elementi come i water o introducendo un personaggio che ha una continua flatulenza.
Riscoprire i classici che hanno fatto storia, può essere una soluzione per risolvere l´attuale crisi del teatro per carenza di testi validi?
Questo è un discorso complesso che riguarda molti ambiti della cultura. In Italia, purtroppo, c´è pochissima politica teatrale legata alla nuova drammaturgia.
Far girare un testo innovativo è un´impresa titanica. Perfino un autore come Bernard avrebbe, oggi, difficoltà ad emergere.
Così alla mancanza di investimento corrisponde una carenza di testi nuovi. Sicuramente fare classici è un´ottima scelta, quando si crea equilibrio tra vecchio e nuovo. Sono spesso proprio i direttori dei teatri che evitano di proporre nei cartelloni opere poco conosciute o addirittura totalmente sconosciute al pubblico, nell´illusione che un classico o un attore di punta, possa essere determinante per riempire la sala.
dicembre 2013