TEMPESTA - regia di Rosario Sparno
Al Teatro Mercadante di Napoli fino al 6 gennaio
Servizio di Antonio Tedesco
Napoli - Più che un´esperienza sensoriale in senso stretto, come per certi versi si alludeva prima dello spettacolo, questo allestimento di Tempesta, da Shakespeare, presentato al Teatro Mercadante di Napoli dallo stesso Teatro Stabile e dalla Compagnia Le Nuvole, e diretto da Rosario Sparno che è anche l´autore dell´adattamento, può definirsi, piuttosto, un´esperienza "rituale". Infatti il pubblico è chiamato, in un certo senso, a "concelebrare" insieme agli attori il rito della "messa in scena". Ciò avviene essenzialmente attraverso un percorso nel quale gli spettatori vengono guidati fino ai corridoi che portano alle spalle del palcoscenico, nei camerini e nel retropalco, dove vengono invitati a liberarsi delle scarpe prima di accedere a delle panche situate sul palcoscenico stesso, che è completamente ricoperto di uno spesso strato di sale. Lo stesso sale che viene calcato e calpestato dai tre attori che danno vita all´azione scenica (Massimiliano Foà nel ruolo di Prospero, Luca Iervolino e Paola Zecca che si alternano in quelli, rispettivamente di Calibano e Ferdinando e Ariele e Miranda). Di fronte al pubblico, la platea vuota, in penombra, accentua questa percezione di isolamento e di intimità, al tempo stesso, contribuendo ad accrescere la sensazione di appartenere ad un piccolo mondo chiuso in sé che proprio in quel momento si sta manifestando e sta vivendo, ed essere quindi pienamente parte, e partecipe, dell´azione. E´, insomma, come se il pubblico fosse chiamato ad "abitare" il palcoscenico insieme agli attori. Quel palcoscenico ricoperto di sale che si è trasformato in un´isola. Circondata da quel mare buio, desolato e per certi versi minaccioso, di una platea deserta. L´isola che non c´era, forse. E che non ci sarà più, dopo questo breve, eppure eterno, momento di rappresentazione. Un modo efficace per cogliere, si potrebbe dire, con pochi tratti essenziali, lo spirito profondo della Tempesta di Shakespeare. Quasi un´installazione teatrale, fatta di pochi, rappresentativi, elementi scenici (opera di Antonella Romano). Un percorso di ricomposizione, dei sentimenti e delle passioni soprattutto, che passa attraverso l´accettazione (e anche la rassegnazione) della propria natura umana. Lasciando liberi gli spiriti dell´aria e dismettendo ogni forma, propria o impropria, di magia. Nel momento stesso in cui, attraverso il teatro, si compie e si manifesta la magia più grande. Non a caso questo testo è quello che chiude l´imponente opera drammaturgica di Shakespeare. Posto così lo spettacolo si rivela come un´esperienza importante soprattutto per i giovani e giovanissimi cui preferenzialmente si rivolge. Per loro è un sentirsi chiamati parti in causa, diventando essi stessi componenti della rappresentazione. Per imparare che il teatro non è altrove, ma è sempre qui. E adesso.
5 gennaio 2013
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