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Napoliontheroad
per
la rubrica:
“Storie
e racconti dalla Costiera Amalfitana”
Cloro,
petrolio e ceramica
di
Antonio Porpora Anastasio
Pochi
mesi dopo l’epidemia di colera del 1973, ad Amalfi si tenne il X
Convegno Nazionale L’ambiente:
economia e diritto (Amalfi 29-30-31 marzo 1974). Mentre
gl’intervenuti illustravano le disastrose condizioni
igienico-sanitarie del mare da Napoli a Salerno, “sullo
specchio d’acqua che si apre davanti alla piazza dell’antica
repubblica marinara si cullava, nella delizia del sole, una
indistruttibile schiuma biancastra. Forse opera di detersivi, forse
di rifiuti gettati al largo da barconi provenienti da Salerno, città
che non ha un inceneritore e non sa in che modo sbarazzarsi delle
immondizie se non affidandole al mare” (S. Rea, Il
Globo, 1974). Dal punto di vista amministrativo il problema da
risolvere non era tanto la pulizia delle acque e la salute dell’indigenato,
quanto il permesso di balneazione che non doveva essere negato in
vista dell’imminente stagione estiva. Gli studiosi in vacanza ad
Amalfi inorridirono pensando al rimedio escogitato da alcune delle
autorità locali: gabbie colme di cloro posizionate allo sbocco
delle varie cloache per diminuire l’azione inquinante dei liquami
ed ottenere l’agognato permesso.
Durante
le notti dell’inverno 1983, nel mare del golfo di Salerno si
videro delle luci misteriose. Dai giornali si venne a sapere che la Elf
effettuava dei sondaggi in quell’area con il benestare del
Ministero dell’Industria. Così ne parlò Antonio Amato fra le
pagine de L’Unità: “Dopo
l’assalto della speculazione edilizia, una nuova minaccia incombe
sul futuro di uno dei territori più
incantevoli e famosi del nostro Paese, la costiera amalfitana. Con
tutto il suo patrimonio di arte, di bellezze naturali e di memorie
storiche, questa volta è stata presa di mira nientemeno che dai
petrolieri. E così accanto alle torri di cemento che già deturpano
larghi tratti del litorale amalfitano, c’è il pericolo – ora
– che vengano innalzate gigantesche torri di trivellazione che
dovrebbero esplorare il fondo marino alla ricerca dell’oro nero. (…)
La ricerca dovrebbe
effettuarsi anche a notevole profondità,
naturalmente con l’ausilio delle apposite piattaforme
galleggianti. Ancora una volta, insomma, l’interesse delle
popolazioni locali minaccia di essere travolto. Si stenta a credere
che a qualcuno possa venire in mente di cercare il petrolio proprio
davanti alla costiera amalfitana. Ma ormai nel nostro paese tutto è
possibile”.
Seguono alcune catastrofiche previsioni e gli elogi per la
mobilitazione generale di associazioni, categorie professionali,
studenti e amministrazioni locali.
La
sollevazione ebbe definitivi esiti positivi solo dopo tredici anni,
quando fu approvata la legge che mette al riparo da ricerche e
trivellazioni petrolifere il golfo di Salerno, il golfo di Napoli e
le isole Egadi. Ciononostante da allora il problema si è verificato
e si verifica, nei medesimi termini, con accordi fra altri governi e
altre sigle petrolifere, nelle zone interne del territorio
salernitano.
Per
festeggiare la battaglia vinta dalla collettività contro la Elf,
nel 2005 è stato posizionato ad Amalfi un pannello di ceramica di
Manuel Cargaleiro, artista di fama internazionale ormai di casa in
Costiera Amalfitana. L’opera, del 2002, è intitolata “La
bellezza salverà il mondo”, citazione da L’idiota di Dostoevskij, e raffigura uno dei temi ricorrenti del
ceramista portoghese: stilizzati e fitti paesaggi urbani
mediterranei, liricizzati dal ritmo regolare e irregolare di
imprevedibili dialoghi cromatici. Secondo articolisti locali il
titolo del pannello sarebbe “Io preferisco i fiori”.
Esposta
alle intemperie e all’indifferenza di chi non ha vissuto quei
momenti di lotta e di gloria, l’opera del Cargaleiro è tornata
brevemente alla ribalta in occasione del recente “referendum sulle
trivelle”.
Tuttavia, la retorica del “pericolo scampato” sembra far
dimenticare che in tanti anni,
al di là delle conquiste di diritti positivi e negativi, nulla è
cambiato nelle consuetudini costiere, e a nessuno viene in mente che
la “salvifica bellezza” o i “fiori” evocati dal pannello
ceramico rientrino fra i diritti anche delle popolazioni meno
fortunate dei territori che ricevono quotidianamente i rifiuti
prodotti dalla “Divina” e anche di quelle che vivono lì dov’è
estratto il petrolio utile alle attività legate alla promozione del
suo straordinario patrimonio
di arte, di bellezze naturali e di memorie storiche.
2
maggio 2016
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