|
Aziza
Isma’il
“C’è
sempre tempo per svegliarsi”

di
Fiorella Franchini
Con
il passare degli anni perdiamo la voglia di sognare e non sappiamo
più vivere né la gioia dei bei momenti quotidiani, né la speranza
del domani. Si abbassano le nostre pretese, le nostre aspirazioni
perché così si riducono le delusioni di un brusco risveglio.
Sognare ci aiuta a vivere meglio e a lottare per ciò che amiamo.
“Ormai che ho imparato a sognare non smetterò” cantano i Negrita e
il miglior modo per realizzarli questi sogni è svegliarsi.
C’è
sempre tempo per intraprendere una nuova strada, per essere felici,
“C’è sempre tempo per svegliarsi ”afferma Aziza
Isma’il (Rita Simeoni), napoletana, laureata in lingue e
letterature comparate arabo e inglese, insegnante di arabo classico
e traduzione a studenti universitari. Rita Simeoni s’innamora,
sposa un uomo egiziano e si avvicina a un altro mondo, scopre
un’altra religione e diventa Aziza. Il suo esordio letterario
propone un racconto intimo ricco di risvolti sociali e letterari.
Aziza
cosa racconti ai lettori, l’incontro tra un uomo e una donna, un
percorso spirituale, una testimonianza di costume?
Questo
libro è il tentativo di condividere un’esperienza di vita che ha
attraversato varie fasi, l’amore, l’incontro della cultura altra
e quella spiritualità che grazie allo studio della religione
islamica mi ha portato a cambiare i contorni di un mondo che credevo
ostile e irraggiungibile. La descrizione dei personaggi e del luogo,
l’Egitto, sono i veicoli attraverso i quali cerco di spiegare il
perché della diversità. L’aspetto climatico, geopolitico, la
contaminazione della cultura anglosassone, e la radicata convinzione
religiosa aprono il varco per un viaggio nel mondo egiziano.
Quali
sono le caratteristiche della tua storia d’amore?
La
mia storia d’amore racconta dell’incoscienza della gioventù,
della curiosità e di un animo inquieto, il mio, che non si
accontenta della cosiddetta “normalità”, e cerca
nell’insolito, nel non convenzionale una ricerca della sua
individualità, e soprattutto di quell’amore passionale ed
esclusivo che nel matrimonio e nella promessa di amore eterno cerca
di crescere. L’impatto con la realtà e con l’egoismo generico
dell’uomo faranno ben presto svegliare Aziza che prima di
accettare che la sua storia in fondo è una storia come tante,
combatterà e celerà la prosaicità della vita edulcorando e
abbellendo quelle cose che invece andavano contrastate. Lo studio e
l’università cambieranno la sua passività e la sua
rassegnazione.
Quanto
ha inciso questo sentimento sul percorso spirituale?
Il
mio percorso spirituale ha avuto una traiettoria trasversale alla
mia storia di amore. La spiritualità è qualcosa che Aziza scinde
dalla vita materiale, è una strada solitaria e impervia che decide
di viversi da sola. La figura di Abu Fawzi ha in qualche modo
accompagnato la sua scelta, ma è comunque un cammino parallelo che
decide di percorrere da sola, con tutti i rischi e le discrasie che
da questo derivano.
Le
conversioni alla fede islamica sono in aumento nel mondo
occidentale. Sono parecchie decine di migliaia i cittadini di fede
cristiana, o non professanti che hanno abbracciato l’Islàm e il
75% è rappresentato da donne. “Conversioni per amore”, talvolta
espedienti senza convinzioni, persuasioni politiche ma forse c’è
molto di più.
Il
percorso spirituale, la ricerca di Dio poteva evolversi seguendo una
strada già tracciata, quella della tua religione di nascita, Aziza
cosa ha determinato la scelta diversa, l’amore o la convinzione
dottrinale?
Quello
che nell’Islàm ho riscoperto, che la mia religione di nascita non
mi aveva infuso, è stato il rapporto individuale ed esclusivo con
Dio. La spiritualità nell’Islàm è una dottrina con un codice
ben preciso, che si fa presto a identificare con il viverlo nel
paese di origine. Camminando per le strade del Cairo ho percepito
Dio, lo sentivo, e comunque la mia attitudine ad una liturgia e a
una specifica vita religiosa attiva mi ha aiutato nella scelta, l’Islàm
è stato come accogliere tutte le religioni insieme, la totalità di
Dio unico e onnipresente, la sintesi della mia spiritualità. Lo
studio delle varie dottrine e dei precetti ha confermato quella
poliedricità e modernità dell’Islàm, del quale poco o niente si
conosce in Occidente.
La
conversione è una presa di coscienza "esistenziale" che
può avvenire in seguito all'azione persuasiva di una terza persona
oppure alla considerata riflessione personale. Si decide, così, di
cambiare il corso della propria vita, riorientando i propri
atteggiamenti e comportamenti secondo criteri diversi da quelli
seguiti fino a quel momento.
Cosa
hai trovato nell’Islàm che non hai avvertito nel cristianesimo?
Nell’Islàm
ho trovato varietà di culture, rispetto per l’altro, regole
severe ma giuste, nessuna gerarchia ecclesiastica, libero arbitrio,
un grande amore per Cristo e la figura di Maria che ignoravo.
Rispetto per la fragilità umana, per i piaceri della vita,
l’esaltazione della natura, del cibo come dono della Terra madre,
degli animali, del sesso e dell’amore quello puro. Nell’Islàm
ho trovato la storia di un popolo meraviglioso e declassato, di una
figura profetica, quella di Muhammad, come uomo democratico,
lungimirante, con un grande senso della comunità, e soprattutto
l’importanza della parola scritta, della grammatica, del parlare
bene, corretto e rispettoso, la parola scritta rappresenta Dio nelle
sue immense grandezze. Tutto il contrario di quello che descrive
l’etnocentrismo occidentale e il primato della religione cattolica
che si erge ad unica e insostituibile verità.
La
condizione della donna è una delle realtà dell’Islàm che più
sconcertano l’Occidente. Come percepisci e come accetti questo
ruolo? Che ne pensi del femminismo
islamico?
La
condizione della donna è una realtà molto più complessa e
composita di quella che viene descritta nell’Occidente. Il mondo
islamico e molto diverso a seconda del paese cui ci riferiamo. In
Egitto come nel Maghreb, Tunisia, Siria, Indonesia, Algeria e i
cosiddetti paesi moderati è una condizione intermedia, esistono
delle leggi come la poligamia e il diritto esclusivo dei figli
sull’uomo che di certo incidono e influiscono negativamente sulla
libertà della donna, ma ciò che s’ignora è che il mondo
islamico è fondato sul concetto del matriarcato in maniera molto più
radicata che nel mondo occidentale, le donne scelgono di portare
l’hijab come identificazione culturale e religiosa, e godono di
privilegi e di leggi cautelative che da noi invece non esistono. In
altri paesi come L’Afganistan, Iran, Yemen, e in genere il sud
Africa vige la legge primitiva tribale che si applicava all’epoca
del profeta, infibulazione e sottomissione compresa, lapidazione e
pratiche barbare che poco o niente c’entrano con l’Islàm.
Queste norme contestualizzate al periodo cui appartengono vanno
interpretate da criminali e barbari che di certo non hanno la
cultura e la preparazione per interpretare gli hadith del Corano che
parlano della loro remota applicazione, trattasi di manipolazione da
parte di coloro che cercano solo la sopraffazione e la violenza. Il
movimento islamico femminile, ha origine con la poesia, con la
narrativa, con la scrittura. Ad
un’attenta lettura si scopre come la donna riesca anche in
cattività a crearsi il suo spazio. Ma questa tematica andrebbe
approfondita e richiederebbe uno sforzo da parte del mondo
occidentale di vedere la condizione della donna islamica sotto
molteplici sfaccettature. L’ignoranza e la sottomissione regnano
sovrana non solo nel mondo arabo ma anche nel nostro, basta
menzionare gli innumerevoli femminicidi e violenze che si perpetrano
in Italia ogni giorno, senza nessuna matrice religiosa.
Pensi
che potrà cambiare il ruolo della donna nell’Islàm?
Che cosa significa essere donna musulmana, che senso ha
esserlo in Italia?
Penso
che la situazione della donna nell’Islàm cambierà nella misura
in cui sarà data la possibilità ai paesi arabi di potersi
autodeterminare e imporre nel panorama del mondo globalizzato. Se
pensiamo ad un cambiamento come intendiamo noi la donna moderna
occidentale, allora non so, essere una donna musulmana comporta dei
doveri, la missione di madre e di portatrice del messaggio coranico
e di esempio di integrità morale e di educazione. Di certo
l’occidentalizzazione ha sortito i suoi effetti in molti paesi
arabi, ma quello che si evidenzia poco è che la donna araba
musulmana vuole distinguersi e vivere la sua tradizione culturale e
religiosa come un vanto e non come una menomazione. Essere una donna
musulmana in Italia penso sia più o meno come essere omosessuali,
diversamente abili, e quindi oggetto di discriminazione. Tantissime
donne italiane si sono convertite all’islàm e così uomini.
Esiste una discreta comunità islamica in Italia che vive
pacificamente e in sintonia con gli altri, poi esistono i fanatici,
i cosiddetti estremisti che pensano di poter violare le leggi del
paese ospitante per i quali vale la regola generale: la legge va
rispettata e l’integrazione parte dall’accettazione delle regole
del paese nel quale si decide di vivere.
Non
ti senti sospesa tra due mondi?
Non
mi sento sospesa tra due mondi, mi sento come se avessi a
disposizione un ponte di collegamento attraverso il quale poter
andare da un confine all’atro, traslocando pensieri ed esperienze,
portando con me un arricchimento e doni da offrire all’altro. La
sospensione la avverto solo nell’immaginazione che mi permette di
viaggiare laddove non posso e i ricordi e la convivenza con un uomo
arabo musulmano mi ricordano ogni giorno la mia scelta di vivere con
il diverso da me. Mi sento fortunata e privilegiata in questo, anche
se a volte ho dovuto pagarne il prezzo.
Ci
sono tanti pregiudizi, c’è ignoranza e tanto fanatismo sia nel
mondo occidentale che in quello islamico, come vivi dentro di te ma
anche all’esterno questo momento storico che vede ancora una volta
la contrapposizione tra Islàm e Cristianesimo?
Vivo
questo momento storico e culturale come una sconfitta del mondo
occidentale con i suoi pregiudizi e la sua supremazia di ignoranza e
di poca flessibilità e vivo con amarezza le incongruenze del mondo
arabo, che a sua volta come un cane che si morde la coda peggiora la
sua situazione di figlio di un Dio minore, di arretratezza e di poca
coerenza. Da entrambi i lati mi sento delusa, ma non rinnego niente,
la mia origine italiana e quella araba acquisita. Spero sempre in un
mondo migliore, per i miei figli soprattutto, dove la
multiculturalità, la diversa etnia e la commistione di lingue e
tradizioni renda la realtà più colorata e ricca di sfumature. La
contrapposizione non è tra Cristianesimo e Islàm, ma tra interessi
economici e pratici che attraverso il vessillo religioso cercano di
inasprire una tensione che fa comodo ai potenti.
Il
tuo racconto è una storia di formazione, di mutamento, quali
contenuti volevi che arrivassero alle donne, cosa agli uomini?
Il
mio messaggio alle donne è di solidarietà e di condivisione. Amo
l’universo femminile e sono fiera di essere donna e sono sicura
che ogni donna che si approccerà alla mia storia saprà trarne
beneficio, similitudine, monito o catarsi, ogni donna potrà
rispecchiarsi in Aziza e amarla, forse contestarla, capirla o non
accettare le sue scelte. Comunque vada è una storia nelle storie
delle donne che da sempre combattono e vivono non solo per se stesse
ma anche per gli altri. Agli uomini direi solo di guardare con occhi
curiosi e vigili le proprie donne, di non lasciarle sole quando
davvero hanno bisogno di un supporto e di amarle non come un
possesso ma come persone e di rispettare quanto più possibile le
loro evoluzioni e il loro essere avanti nei pensieri e nelle azioni.
La
narrazione è un elemento centrale nella vita dell’uomo, alimenta
la coscienza. Il
racconto individuale di Aziza «intensifica il suo senso dell’io»
e nello stesso tempo lancia «ponti» verso altro, con il mondo.
In
ogni scrittura si trovano impresse le tracce di un percorso mentale,
di quel viaggio della mente che porta alla parola. La scrittura di
Aziza sembra trarre impulso da qualcosa di antico, di lontano, da
una memoria segreta nascosta ma che non vogliamo perdere. Un
messaggio scritto che racchiude al suo interno una quantità di
preziose informazioni, d’indicazioni che non si percepiscono
immediatamente ma lasciano il segno.
Che
valore ha avuto la scrittura in questo processo di recupero della
tua identità?
La
scrittura ha rappresentato la mia nascita, anzi la mia rinascita.
Scrivere a me stessa è stato come guardarmi allo specchio e
riconoscermi, essere libera di muovermi nel mondo, senza paura di
sentirmi giudicata o schernita. Scrivere per me rappresenta la
libertà di essere, di essere viva e presente in questo mondo.
Pensi
di utilizzare ancora la scrittura nel tuo cammino di vita?
Scrivo
ogni giorno, sempre, scrivo pensando, leggendo, osservando le cose e
le persone, io scrivo con la mente e con il cuore, scrivere è la
mia passione, il mio senso della vita.
Cosa
vorresti raccontare ancora?
Attualmente, sono intenta a scrivere il
mio secondo romanzo, non autobiografico, sarà una storia incentrata
su una figura femminile inventata, che parlerà della mappa
concettuale attraverso le sue esperienze con gli uomini. Una storia
controversa ed erotica, forte e senza fronzoli, con la complicità
dei social network che faranno da guardoni, e poi non dico altro,
l’aspettativa vale più del desiderio esaudito.
Quest’importante
scoperta dell’io, della radicalità della propria individualità,
Aziza la porta dall’interno dei luoghi dello scrivere al mondo che
la circonda perché se non esiste cognizione del proprio essere
individuo, non esiste coscienza per essere cittadina o persona.
C’è sempre tempo per svegliarsi
è una dichiarazione d’indipendenza di Aziza Isma’il in cui la
conversione religiosa e psicologica rappresenta
la consapevole unificazione o riunificazione di un’identità prima
divisa. Un senso di completezza che, forse, non conduce alla felicità
ma è un passo verso la ricerca eterna dell’io infinito.
Condividi su Facebook
|